Questo è il secondo appuntamento della rubrica “Lavorare con passione” che abbiamo inaugurato nel 2020 e che ci accompagnerà ogni ultimo giorno del mese per tutto l’anno. Dopo aver chiacchierato con Andrea Petroni del blog VoloGratis.org, oggi abbiamo deciso di intervistare Monica del ristorante Santamonica di Genova.
Il ristorante Santamonica di Genova: lì dove si mangia pesce di qualità guardando il mare
Abbiamo scoperto il Santamonica più o meno un anno fa. Monica e Andrea, i proprietari del locale, ci avevano ospitati a cena per conto de La Gazzetta del Gusto, testata online per la quale ogni tanto io, Selene, scrivo qualche pezzo.
Il Santamonica si trova vicino al lungomare genovese per eccellenza: Corso Italia, una delle più belle passeggiate sul mare di Genova.
La location è fantastica: una terrazza che affaccia direttamente sulla spiaggia e che permette di mangiare perdendosi con lo sguardo verso l’orizzonte.
Quella sera non solo abbiamo mangiato benissimo (i crudi, ancora, ce li sogniamo la notte), ma abbiamo conosciuto due persone in gamba, con tantissima voglia di fare, con sogni, passioni e idee. Abbiamo conosciuto due persone che sono state capaci di portare ciò in cui credevano a raggiungere traguardi importanti. La menzione sulla Guida Michelin 2020 è uno dei quelli.
Monica e Andrea hanno saputo emozionarci, sono stati capaci di ricordarci, ancora una volta, che tutto è possibile, anche quando non è facile. Per questo abbiamo deciso di presentarteli attraverso questa intervista!
Allora, iniziamo.
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1. Ciao Monica! Da quanto tempo fate questo lavoro e cosa vi ha spinti fin qui?
Siamo nati come ristoratori nel 2006 con un posto molto piccolo, di tradizione, vecchio e con un sacco di vincoli: l’Antica Osteria della Foce a Genova, nel quartiere della Foce.
Era una trattoria della tradizione genovese, molto conosciuta, nata nel 1932 con forno a legna che sfornava la farinata sia per i tavoli che per l’asporto. La cucina era tipica genovese, tradizionale: dai ravioli con il tocco, gnocchi al pesto, stoccafisso alla ligure, etc. Uno di quei locali con pochi posti, giusto una trentina. Nel 2014 siamo stati fortemente alluvionati e abbiamo perso tutto (apparecchiature, tavoli, sedie, vetrine… tutto), ma con l’aiuto dei nostri clienti, che sono stati magnifici, nel giro di 15 giorni ci siamo rialzati e abbiamo ripreso a lavorare pur tra mille difficoltà. Nel frattempo abbiamo avuto problemi con la proprietaria a causa della scadenza del contratto e del conseguente rinnovo con aumento dell’affitto spropositato: difficile da reggere visto il periodo che avevamo passato.
Così abbiamo iniziato a guardarci in giro, a guardare locali, a capire la realtà genovese: ci è voluto poco tempo per capire che volevamo intraprendere un’altra strada gastronomica.
Così siamo arrivati qui, rapiti dalla splendida location direttamente sulla spiaggia. Siamo arrivati al Santamonica con l’idea di portare alta qualità di pesce fresco e pescato, usare materia prima del nostro territorio, nel pesce, nelle verdure, usando piccoli produttori della zona e prodotti locali. Questo è il nostro punto fermo insieme alla stagionalità.

Capesante con broccoli.
Leggi di più sui vini genovesi sul nostro articolo d’approfondimento.
2. Quanta passione, tempo e impegno sono necessari per fare quello fate?
La passione è la cosa principale. Amore incondizionato per questo lavoro. Ore su ore. Studiare, aggiornarci, cercare, lavorarci. Non fermarsi mai, non pensare mai di essere arrivati.
Alla fine siamo qua dal 2016: abbiamo rivoltato completamente il locale, reinvestito pesantemente e ad oggi non abbiamo ancora preso un solo giorno di vacanza. Lavoriamo sempre 24h/24… o meglio 18 sicuramente, le altre sono impegnate tra mille idee e progetti.
3. Quanto è importante la complicità in cucina e in sala per far sì che il cliente sia soddisfatto? E il rapporto e la collaborazione tra colleghi quanto sono rilavanti, secondo voi, nel vostro lavoro? E il rapporto con il cliente?
Bisognerebbe sempre parlare di Staff e non di singole figure, anche se poi non è così semplice alla fine.
Comunque la collaborazione della cucina è sempre a favore del cliente, della sua richiesta, di una sua eventuale modifica ad un piatto, sia per questioni di salute, sia per questioni di gusti. Tra di loro c’è complicità, lo stesso fine, sono abbracciati alle nostre idee e alla nostra meta. Si cerca di unire la squadra, motivarla, dare loro delle mete, una linea guida e degli incentivi. Lavoriamo in serenità, a momenti di corsa, altri meno, ma di base in serenità e allegria.
Ciò che è fondamentale per noi è trasmettere accoglienza al cliente: sempre sorriso e disponibilità, per farlo sentire come a casa e con la voglia di tornare. Coccolarlo, diciamo.
4. Strumenti come Tripadvisor e Facebook quanto sono importanti per il vostro settore?
Importantissimo essere social. Importantissimi Facebook, Instangram e il sito. Tutto dev’essere aggiornato: foto dei piatti su IG e storie raccontate attraverso i post di FB. Nella mia pagina personale racconto anche di cibo, di esperienze, di vita da ristoratore, della mia città. Mai essere troppo personali, mai essere negativi, tristi o disfattisti. Sempre con il sorriso. Sempre.
Tripadvisor. Dipende. Sì alle critiche costruttive, che aiutano, fanno correggere, pensare, costruire, meditarci su. Purtroppo i più non sono tecnici del settore e chi lascia recensioni pensa di essere un giudice di Masterchef, quindi è uno strumento un po’ fuori controllo, spesso dettato dall’invidia, dalla insoddisfazione di chi scrive e spesso anche dall’incompetenza.
Spesso chi scrive non si ricorda neppure i piatti che ha ordinato, confonde i nomi e gli ingredienti. Molte sono false, magari scritte dalla concorrenza, molte invece sono scritte con superficialità, senza pensare che magari si rischia di rovinare una struttura che dà lavoro a molti dipendenti, cioè a famiglie.
Io amo il Cliente che mi parla al momento, che mi spiega il suo complimento, ma anche la sua insoddisfazione. Quest’ultima, detta subito, mi dà la possibilità di capire lo sbaglio, correggerlo subito, di togliere dal conto l’eventuale piatto andato storto. A casa si fa presto a essere un leone da tastiera: spesso le persone dicono di essere stati bene anche quando escono insoddisfatti piuttosto che parlarti chiaro e in faccia.
Un cliente insoddisfatto e una mina vagante, pericolosissima!
Adesso sono usciti un sacco di gruppi a Genova, senza titolo alcuno, che danno votazione su tutto. Partono dall’ambiente, all’arredamento, per arrivare marginalmente al piatto mangiato: questo non mi va bene. Se non ti piace il colore delle mie pareti, resta comunque casa mia e io non vengo certo a dirti che soprammobili mettere nella tua sala o come cambiare l’arredamento del tinello!
Vorrei sempre critiche costruttive, fatte a ragione, che mi dessero la possibilità sempre di crescere, andare avanti e migliorami.
5. Cosa ne pensi del panorama genovese nel campo della ristorazione? Pensi che sia una città pronta a crescere da questo punto di vista?
A questa domanda vorrei rispondere NO punto. La città sta attraversando un periodo di grave difficoltà sia a livello commercio / negozi, sia ristorazione.
Il genovese tristemente non è da stellati (e di stellati infatti ne abbiamo uno solo), ma da trattorie dove si spende poco e hai il piatto pieno. Non ci si chiede abbastanza che cosa si ha nel piatto: il conto finale sembra essere sempre la cosa più importante. Pensano sei caro e basta, non si chiedono, non ti provano, ti giudicano prima ancora di venire da te ed è finita lì.
Nascono alla velocità della luce gli all you can eat, si sta perdendo il gusto del bere bene e del buon cibo, della difesa del prodotto del nostro territorio, delle nostre radici.
A volte mi chiedo in quanti hanno la consapevolezza di ciò che stanno mangiando o se il prezzo finale e quello che alla fine decreta il successo della loro serata.

Il ristorante Santamonica di Genova.
6. Voi tenete moltissimo alla qualità dei prodotti utilizzati in cucina: i prodotti regionali sono sempre tenuti in alta considerazione. Secondo voi quanto è importante che lo chef li conosca davvero, che questi facciano parte non solo della sua formazione, ma anche della sua tradizione? In poche parole, uno chef proveniente da un’altra regione, secondo voi, può essere capace nello stesso identico modo di utilizzare quei prodotti nel modo migliore oppure, a quel punto, giocherebbe di più la capacità innovativa?
È importantissimo e imprescindibile per noi l’uso della materia prima di altissima qualità. In secondo luogo c’è il nostro territorio e se anche non facciamo cucina tradizionale, tutta la materia prima segue la regola del nostro mare, del nostro territorio, dei nostri allevatori e dei coltivatori.
Non è necessario che lo Chef sia genovese, anche se naturalmente ritengo necessario che conosca le nostre basi di cucina ligure. Si può arrivare ad un compromesso avendo una carta un po’ per tutti, con tradizione, innovazione, piatti suddivisi in diverse fasce di prezzo, in modo da andare incontro al cliente.
Per quanto riguarda Genova, la tradizione è molto sentita, quindi scostarsene è un rischio. Qui, secondo me, non è ancora capita del tutto la cucina di innovazione o fuori da determinati standard.
Quindi, va bene lo Chef innovativo ma sempre in linea con le nostre idee di titolari / imprenditori, in modo particolare con la sottoscritta che ha il diretto polso della situazione in sala e quindi del cliente (esigenze, richiesta, risposta a determinati piatti).

Panera, dolce tipico genovese.
7. Tenete così tanto al cibo e alla qualità, ma avete tempo anche voi di mangiare bene? Gli orari di un ristorante, si sa, non sono sempre facili!
Negli anni abbiamo imparato noi stessi a mangiare bene, a porre attenzione alla provenienza del cibo, ai conservanti, pesticidi, a usare prodotti del territorio o al massimo di provenienza nazionale.
Pur avendo orari di pranzo e cena non consoni alla maggior parte delle persone, stiamo sempre attenti a quello che mettiamo nei nostri piatti.
Gli orari di un ristorante, comunque, sono quelli che sono: né pranzo né cena sono ad orari regolari e a volte è solo una pasta e via o un toast dal bar vicino perché ti dimentichi di mangiare o “già che la cucina ha cucinato tanto per gli altri, mangio quello che è avanzato!”.
8. Se vi chiedessimo di immaginarvi tra 5 anni, come vi vedreste? Avete in mente nuovi progetti?
Sì, ho sempre progetti in testa, mai abbiamo pensato di fermarci, né ci fermeremo: certo la situazione economica in questo momento risente molto della difficoltà della nostra città e non ci agevola, in più lo Stato non ci tutela del tutto come imprenditori e non passa giorno che non ci mortifichi con tasse senza considerare che noi, a nostra volta, diamo lavoro un sacco di persone.
Comunque guardo sempre avanti e forse adesso guardo anche, ahimè, lontano: qui è sempre più difficile fare impresa o cercare di farla come dovrebbe essere. Resterò comunque sempre nel settore, perché è un lavoro che amo, che faccio da vent’anni, che oramai e diventata la mia vita, che mi piace e di cui non potrei fare a meno.
Vedere un cliente che esce entusiasta e felice mentre ti stringe la mano, ripaga ore e ore di lavoro, problemi e cose che non sempre girano per il verso giusto.

Crudi di pesce.
9. Prima di salutarvi vogliamo toglierci due curiosità e, magari, regalare ai lettori di Viaggi che mangi qualche spunto per i prossimi viaggi…
Avete tempo di viaggiare? C’è un viaggio che sognate da tempo e che vorreste prima o poi riuscire a intraprendere?
In questo momento non ho il potere economico e il tempo per intraprendere viaggi come vorrei. Vorrei paradossalmente avere sempre la valigia pronta e un aereo da prendere. E viaggiare leggeri. Magari zaino e via. Sono curiosa, vorrei vedere come si vive dall’altra parte del mondo, vorrei mangiare solo le cose del luogo dove sono in quel momento, vorrei vivere con la gente del Paese che sto visitando e viverla così, a pieno. Vorrei andare in Giappone, visitare la vecchia Cina, perdermi nel Mar Morto, vorrei visitare il Sud Africa. E poi altri mille viaggi. A livello di città vorrei stabilirmi a Parigi, è sempre stato il mio sogno e la mia meta preferita dove torno spesso. Parigi è il mio posto del cuore, quella città dove mi sento sempre a casa.
Per quanto riguarda il cibo, visto che stiamo parlando dei ristoratori, c’è un piatto tipico che avete provato in viaggio e che avreste voluto inserire nel vostro menù? E una pietanza che proprio non vi è piaciuta?
Non porterei un piatto che ho mangiato all’estero, pur magari rivisitato, in un menù come il nostro che è territoriale: km0, stagionalità e prodotti locali sono troppo importanti per il ristorante Santamonica di Genova. Può valere invece, per una serata a tema, una tantum, se capita l’occasione.
Grazie di cuore per il tempo che avete voluto dedicarci!
Speriamo che questa intervista ti sia piaciuta e che anche tu, come noi, sia riuscito a vedere la genuinità, il coraggio e la passione che c’è dietro al ristorante Santamonica di Genova.
La nostra non vuole essere pubblicità a un locale (che per altro se la meriterebbe), ma un invito a riflettere sui propri sogni.
Non è facile, non lo sarà mai, ma se si ha passione, voglia di fare, spirito di sacrificio e, soprattutto, professionalità, allora bisogna provarci!
Se avrai voglia di andare a trovare Monica e Andrea al Santamonica di Genova, qui trovi i riferimenti.
Ristorante Santamonica di Genova
Lungomare Lombardo, 27
010 553 3155
Pagina Facebook: @santamonicage
Profilo Instagram: @santamonicaristorante
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